In Senegal sulle “tracce” di Roberto Ciotti
Il Senegal aveva un debito con me, dalla mia adolescenza il fatto che un mio cugino carnale di nome Roberto ciavesse perso la vita in un incidente stradale, insieme alla moglie Elisabetta lasciando un bambino piccolo di 2 anni, Francesco, per me Senegal é sempre stato Sinonimo di tragedia familiare …
Fin quanto un altro Roberto, Ciotti, mi ha lasciato questa opportunità in eredità artsistica, di rivalutare questa terra arida ma generosa, piena di compromessi, di una luminosa e dignitosa povertà, dove i rifiuti del capitalismo seppur invadenti e sconfortanti, non riescono a ledere la sua magia e fascino.
Mi trovavo a New Orleans quando Roberto veniva ospitato per la prima volta al festival di St Louis, e quando ci siamo ritrovati a Roma , reduci dalle nostre reciproche esperienze nelle ex colonie francesi ci siamo detti che doveva pur esserci un nesso… Se non altro che oltre al blues avrebbe dovuto anche insegnarmi il francese!… Scherzi a parte, ho potuto percepire una certa similitudine tra questa parte del Senegal e la Louisiana…
Roberto si era letteralmente innamorato di Dakar ed era determinato a realizzare un nuovo album insieme ad alcuni musicisti senegalesi che aveva conosciuto e suonato con i suoi ormai consuetudinari viaggi in Africa.
Ho sentito una certa responsabilità a presentarmi come blues woman con la mia chitarra sulle spalle in questo paese dove le donne sulle spalle portano solo i bambini, quando poi ricevetti da Adriana Ciotti nel 2014 l’invito ad accompagnarla per partecipare al memorial x Roberto organizzato dal suo ambasciatore e amico.
Ho avuto così la possibilità di esibirmi con Habib e Vieux Mac Faye, famosi musicisti senegalesi della scuola di Youssou N’Dour.
È stato un evento molto commovente, così come tutto il nostro soggiorno ha arricchito la mia anima, e qualcosa mi diceva che non sarebbe finita li, che le tracce lasciate da Roberto hanno lasciato un profondo segno nel cuore delle persone che hanno ascoltato il suo blues, quello che gli era arrivato dall’urlo degli afroamericani deportati, e che lui come si divertiva a esclamare aveva riportato indietro .
Tornare a Dakar con le Sugar Mamas, Nora D’Orvè giovane batterista già con me su altri palchi con altri blues, ma sopratutto Fabiola Torresi, che già era stata al Saint Louis Jazz Fest proprio con Roberto è stata un’esperienza ancor più mistica. L’impatto emotivo molto forte, si è sciolto subito in energia che è stata ben accolta dal nostro pubblico, misto di europei, americani e africani. Chiaramente i momenti più intensi del nostro concerto sono stati proprio Road N Rail e la nostra interpretazione scarna e “laid black” di No More Blue, con la coda infinita che prendeva il ritmo man mano che perdeva la sua velata malinconia… e allora a quel punto capisci, la musica è veramente un ponte che collega gente diversa, anime diverse, dimensioni diverse… nessuno di noi parlava la stessa lingua ma avevamo tutti capito cosa voleva significare questo blues.
Francesca De Fazi